L’impazienza per Los Angeles cresce inseroabilmente. Dimentichiamo gli sfarzi di Las Vegas guardandoci dietro le spalle solo un’ultima volta, individuando il “favoloso” cartello di benvenuto sfuggitoci nella giornata di ieri.
Ritorniamo a percorrere ancora una volta gli interminabili rettilinei nel deserto, dove gli unici elementi di natura artificiale sono i numerosi tralicci dell’alta tensione e le enormi distese di pannelli solari. Il resto sono solamente una terra arida con qualche timido arbusto qua e là ed una città soverchia che si perde inesorabilmente sotto l’orizzonte.
Viaggiamo a sud-ovest verso la città degli angeli, sorprendendoci di quanto immensa essa sia. Partendo da Downtown alle colline sopra Hollywood e Beverly Hills per finire alle spiagge di Santa Monica, Venice Beach e tutta la costa che si affaccia sul Pacifico.
Raggiungiamo il Motel a nostra disposizione per la notte e curiosamente ci troviamo a giustificare il prezzo economico rispetto alle strutture alternative. Ci ritroviamo in un vialetto sul retro che ha ben poco di ospitale, con un materasso gettato al pavimento e dei rifiuti non meglio definiti. L’accoglienza è fornita attraverso uno sportello all’esterno di un edificio nel quale non ci è concesso entrare ed uno spesso vetro ci separa dalla postazione della segretaria. Non stupirebbe se il medesimo fosse a prova di proiettile, giudicando dalla prima impressione che il contesto ci suggerisce. Sul retro è parcheggiata una vecchia automobile che sembra appartenere ai fratelli Elwood e Jake Blues, dal film Blues Brothers. Di colore scuro, polverosa e con i cerchi neri in ferro, lascia spazio all’immaginazione e chissà che non ci siano proprio i due fratelli in una camera del motel, nascosti in questo quartiere ambiguo, a fuggire dalle forze dell’ordine. Nessun elicottero presiede lo spazio aereo soprastante e nessuna Cavalcata delle Valchirie fa eco tra le vie, ritorniamo con i piedi per terra gettando un occhio in giro prima di trovare un locale per cenare. Attraversiamo Beverly Hills dove troviamo la più classica delle schiere di villette, ordinate e posizionate l’una in fila all’altra, giornali impacchettati a dovere introducono i vialetti antistanti gli appartamenti, alcuni colpiscono il bersaglio e si fermano davanti all’uscio, altri si trovano ad impegnare il marciapiede, segno di un lancio troppo corto del postino di turno. Grandi portoni accolgono l’ingresso dei fortunati possessori, auto di lusso impegnano l’area davanti ai box, il tutto allietato da palme e giardinetti di un verde rigoglioso. Ci spostiamo più in centro per una camminata sulla Walk of Fame. La ricerca frenetica del nome preferito stampigliato sulla pavimentazione, mostra una folta schiera di turisti che a testa china dimentica l’appartenenza a questo mondo, camminando a più non posso fermando solo all’occorrenza. La città è viva e nel pieno della serata, locali e negozi strabordano di persone, ci mescoliamo alla massa prima di rientrare alla nostra camera, senza dimenticare di avventurarci alla ricerca della celebre scritta sulla collina di Hollywood.